Il percorso letterario |
Scritto di getto nel
1946, e pubblicato nel 1947, "Se
questo è un uomo" descrive in forma lucida e straziante la vita
di Levi e dei suoi compagni di sofferenza, narrando gli episodi cruciali dei
mesi trascorsi nel Lager. La drammatica testimonianza rispetta la sequenza
cronologica degli avvenimenti, mettendone a nudo gli aspetti sconvolgenti per
crudeltà e degradazione, in un inferno che devasta l’essere umano nel
fisico e nello spirito, annientandone la dignità e il rispetto di se. L’impegno documentario
si accompagna ad una costante esigenza dell’autore di capire e di spiegare, a se
stesso prima ancora che agli altri, i motivi di un fenomeno tanto perverso come
l’antisemitismo, ma l’amara conclusione è che nulla può
spiegare la tragedia dei campi di concentramento, e che forse “quanto è avvenuto
non si può comprendere, anzi, non si deve comprendere, perché comprendere è
quasi giustificare”. Lo stile del racconto
non è dettato da ambizioni letterarie, ma da una profonda necessità interiore
di chiarezza; per questo l’autore si mantiene costantemente su un
registro sobrio, attento a non lasciarsi trascinare a toni patetici o retorici e
a non indulgere a particolari macabri. Negli stessi anni,
Levi si dedica con alti risultati alla poesia e alla narrativa breve. Nel 1966,
sotto lo pseudonimo di Damiano Malabaila, escono le "Storie naturali", una serie
di quindici racconti con cui vince il Premio Bagutta 1967, e nei quali vengono
ancora una volta denunciati gli orrori del nazismo. Al lavoro di chimico si
ispirano Vizio di forma (1971) e "Il sistema periodico"
(1975), una raccolta di racconti, ognuno dei quali è un pretesto per rievocare episodi lieti o
tristi della sua vita, e per ripercorrere le tappe della sua formazione di uomo,
compiuta attraverso la forzata presa di coscienza della propria condizione di
ebreo, la crescita dell’impegno razionale e dell’intransigenza morale,
in difesa della tolleranza, del rispetto verso gli altri e della dignità umana. "La chiave a stella"
(1978), che si svolge in ambiente operaio, testimonia invece l’interesse di Levi per
i rapporti che legano il lavoro alla letteratura; egli infatti affida all’immagine di un “montatore di racconti” il compito di chiarire il modo in cui le sue diverse attività si
influenzano reciprocamente. Montatore, ma di gru e di impianti petroliferi, è
anche il protagonista, che narra direttamente la sua storia all’autore. La struttura
del romanzo determina anche la scelta dello stile e del linguaggio, colorito ed
espressivo, una vivace mistura di italiano e di dialetto piemontese ricca di
invenzioni gergali. Con
"Se non ora,
quando?" (1982) lo scrittore riprende il tema della persecuzione degli ebrei;
racconta infatti le sventure di un gruppo di ebrei deportati nei Lager e l’odissea che li
aspetta per potere tornare – per chi riesce a tornare – alle proprie case; ma si tratta
stavolta di un vero e proprio romanzo di finzione, nel quale lo scrittore non
compare come personaggio e non rievoca in forma diretta le sue esperienze
personali. Il principio di
conservare integro l’uso del pensiero e della ragione, in nome del rispetto per gli
altri e della dignità umana, anima anche l’ultima opera di Levi,
"I sommersi e i salvati"
(1986), un piccolo libro che sembra presagire la tragica conclusione della sua
vita. In esso l’autore sottolinea il dovere morale di
non dimenticare le tragiche conseguenze dell’intolleranza e di combattere con
decisione e senza viltà ogni forma di disprezzo nei
confronti di chi è diverso da noi: il suo è il vero e proprio testamento
ideale di un uomo sorretto per tutta la vita da una rigorosa coerenza, il quale
ha consegnato alla letteratura, ma soprattutto alla storia, un’alta lezione di
dignità e l’indicazione netta del percorso necessario per mantenere l’integrità della
coscienza morale. |