Potassio

“Faceva parte del 4 anno di chimica un breve corso di esercitazioni di fisica: semplici misure di viscosità, tensione superficiale,potere rotatorio e simili.”

“L’ assistente mi accolse nello sgabuzzino a pian terreno dove lui stesso abitava, e che era irto di apparecchi ben diversi, entusiasmanti e sconosciuti. Alcune  molecole sono portatrici di un dipolo elettrico come minuscoli aghi di bussola: si orientano, alcune più pigramente, altre meno. A seconda delle condizioni, obbediscono con maggiore o minore rispetto a certe leggi: ecco, quegli apparecchi servivano a chiarire queste condizioni e questo rispetto così lacunoso.”

“Era questo il lavoro che mi proponeva, e che io accettai con indiscriminato entusiasmo: preparare una serie di liquidi complessi, e controllare se obbedivano alla equazione di Onsager.Come primo passo, avrei dovuto fare quello che lui non sapeva fare: a quel tempo non era facile trovare prodotti puri per analisi, ed io avrei dovuto dedicarmi per qualche settimana a purificare benzene, clorobenzene, clorofenoli, amminofenoli, toluidine ed altro.”

 

“Trovai nello scantinato un bottiglione di benzene tecnico, al 95 % di purezza: meglio che niente, ma i manuali prescrivevano di rettificarlo e poi di sottoporlo ad una ultima  distillazione in presenza di sodio, per liberarlo dalle ultime trecce di umidità. Rettificare significa distillare frazionatamene, scartando le frazioni che bollono più basso o più alto del prescritto e raccogliendo il cuore, che dovrebbe bollire a temperatura costante: trovai nell’ inesauribile cantina la vetreria necessaria,ivi compresa una di quelle colonnine di vigreux, graziose come una trina, opera dalla sovrumana pazienza dei soffiatori di vetro,ma di efficienza discutibile; il bagnomaria me lo fabbricai con un pentolino di alluminio. Distillare è bello. Prima di tutto perché è un mestiere lento, che ti occupa ma ti lascia tempo di pensare ad altro,un po’ come andare in bicicletta. Poi perché comporta una metamorfosi: da liquido a vapore (invisibile), e da questo nuovamente liquido; ma in questo doppio cammino, all’ in su ed all’ in giù, si raggiunge la purezza, condizione ambigua ad affascinante, che parte dalla chimica e arriva molto lontano.”

 

“Ora si trattava di distillare una seconda volta in presenza di sodio. Il sodio è un metallo degenere: è anzi un metallo solo nel significato chimico della parola, non certo in quello del linguaggio quotidiano. Non è ne rigido ne elastico è anzi molle come la cera; non è lucente o meglio, lo è solo se conservato con attenzioni maniache, poiché altrimenti reagisce in pochi istanti con l’aria ricoprendosi di una brutta cotenna ruvida: con anche maggiore rapidità reagisce con l’acqua nella quale galleggia (un metallo che galleggia?) danzando freneticamente e svolgendo idrogeno .

Frugai invano il ventre dell’ istituto: trovai decine di ampolle etichettate, come Astolfo sulla luna, centinaia di composti astrusi, altri vaghi sedimenti apparentemente non toccati da generazioni, ma di sodio niente. Trovai invece una boccetta di potassio: il potassio è il gemello del sodio, perciò me ne impadronii e tornai al mio eremitaggio. Misi nel palloncino del benzene un grumo di potassio “della grossezza di mezzo pisello” (così il manuale) e distillai diligentemente il tutto: verso la fine dell’ operazione spensi doverosamente la fiamma, smontai l’ apparecchio,lasciai che il poco liquido rimasto nel pallone si raffreddasse un poco, e poi, con un lungo ferro acuminato,infilzai “il mezzo pisello” di potassio e lo estrassi. Il potassio come ho detto è il gemello del sodio, ma reagisce con l’aria e con l’acqua  con ancora maggiore energia: è noto a tutti (ed anche a me) che a contatto con l’ acqua svolge idrogeno, ma anche si infiamma. Perciò trattai il pezzo di potassio come una santa reliquia; lo posai su di un pezzo di carta da filtro asciutta, ne feci un involtino, discesi nel giardino dell’ istituto, scavai una minuscola tomba e vi seppellii il piccolo cadavere indemoniato. Ricalcai la terra sopra e tornai al mio lavoro. Presi il pallone ormai vuoto, lo posi sotto al rubinetto ed aprii l’ acqua. Si udì un gran tonfo, dal collo del pallone uscì una vampa diretta verso la finestra che era vicino al lavandino, e le tende di questa presero fuoco. Mentre armeggiavano alla ricerca di qualche mezzo anche primitivo di estinzione, incominciarono ad abbrustolire i pannelli degli scuri, ed il locale era ormai pieno di fumo. Riuscii ad accostare una sedia ed ad strappare le tende:le buttai a terra a le calpestai rabbiosamente,mentre già il fumo mi aveva accecato e il sangue mi batteva con violenza nelle tempie.”

 

“Appena ebbi ripreso un po’ di fiato, scesi al piano di sotto e raccontai l’ episodio all’ assistente.”

  “L’ assistente ascoltò la mia relazione con attenzione educata ma con un’ aria curiosa.”

“Ma condisse nulla; assunse per l’ occasione la distanza gerarchica, e mi fece notare che un pallone vuoto non s’ incendia: vuoto no doveva essere stato. Doveva aver contenuto, se no altro, il vapore de benzene, oltre naturalmente all’ aria penetrata dal collo. Ma non si è mai visto che il vapore di benzene a freddo prenda fuoco da sé: solo il potassio poteva aver acceso la miscela, ed il potassio io lo avevo tolto. tutto? Tutto risposi io, ma mi venne un dubbio, risalii sul luogo dell’ incidente, e trovai ancora a terra cocci del pallone; su uno di essi, guardando bene si scorgeva, appena visibile una macchiolina bianca. La saggiai con la fenolftaleina: era basica, era idrossido di potassio. Il colpevole era trovato; aderente al vetro del pallone doveva essere rimasto un frammento minuscolo di potassio, quanto era bastato per reagire con l’ acqua che io avevo introdotto ed incendiare i vapori di benzene.”